«Per esempio»,
dico a Z, «quelli che dicono ‘L’arte contemporanea è qualcosa che io non
capisco’… Per me, non sono del tutto a posto, col cervello». Z ride. Di solito
ride, quando esprimo un’opinione nella quale tutto il mio profondo convincimento
pongo. «Sarebbe come», dico, «se un giorno, camminando per strada, ti cade in
testa una tegola che ti tramortisce al suolo… oppure, siedi nel soggiorno del
tuo appartamento, e un tornado, ma all’improvviso, proprio lì, sotto i tuoi
occhi, che magari stai leggendo il giornale, irrompe sbriciolando i doppi vetri
della finestra… oppure, un Suv maledetto bam! ti sfonda il portone di casa e…».
«Ho capito… Ho capito», dice Z, che diventa impaziente quando entro nel
dettaglio. «…Sarebbe come», dico, «se posta davanti a una di queste esperienze
estreme e straordinarie, anziché con indubitabile forza prenderne atto, tu dicessi
‘E allora? Che cosa significa?’». «…Io non capisco perché quelli, gli metti
davanti la ‘Veduta di Delft’, e la trovano fichissima e un capolavoro e geniale
e inimitabile, e invece… una pecora imbalsamata e calata nella formalina, per
dire, sembri loro schifosa e aliena». «Ma al mattino», dico, «quando escono di
casa, salgono su una Fiat Panda o su un cavallo purosangue?... Che cosa credono?
Che la bellezza l’orrore lo strazio l’euforia il perdono la vendetta, che la
nascita e la morte siano categorie già morte e seppellite e noi dei moderni
zombi senza pensiero? E tutto quel che c’è la fuori, oggi, bastardo 5 novembre
2012… cos’è allora, signori miei? gli chiederei, merda?».
So it goe, so it goes, dice Kurt.
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