Io e Max ci
siamo conosciuti cinque anni fa a una mostra d'arte di un suo amico artista.
Era il 18 novembre ed Emilio
organizzò un trekking sul monte Adone, una cima dell'Appennino bolognese. Lungo il
tragitto ogni tanto ci si fermava per una sosta. Emilio leggeva il brano
tratto da un filosofo, si esibiva in una performance; un critico diceva la sua.
Poi si ripartiva.
Io però non sono un tipo
sportivo e dopo un'ora di cammino ero spossata. Il sentiero prese a
salire in modo ripido. A un certo punto il terreno franò; mi aggrappai a un
tronco. Rischiavo di cadere, se non fosse stato che Max era dietro di me e mi
afferrò.
Quell'estate vinse un
soggiorno premio in Egitto. Era il terzo giorno, eravamo ad Alessandria, quando
si beccò la dissenteria. Aveva la febbre alta. Entrai in bagno, quella notte.
Lo vidi tremare sul water. Capii allora che non l'avrei lasciato più.
«La potenza della merda»,
dice Max ricordando quella volta.
Questo viaggio gli fu
regalato da un consulente di Mediolanum poi inquisito per aggiotaggio al quale aveva progettato gli arredi
della villa in Costa Smeralda. Max è disegnatore, in quel periodo era
dipendente di un'azienda che produceva mobili di lusso. Poi si licenziò, aprì
un suo studio.
«Di leccare il culo, ne ho piene le palle», dice sempre.
Io, all'epoca, non avevo
ancora chiaro cosa sarei diventata. «Senza padroni», diceva invece lui. «Senza
padroni», ripeteva.
Ci
assomigliamo un po', penso. Non siamo dei sognatori.
[dalla Guida gastronomica]
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