Cammina, avanti, cammina. Lo senti che vento tira?
Eppure siamo in luglio. E il vento mette in bocca, negli occhi, solo polvere.
Il vento in estate lascia presagire una catastrofe che invece mai
arriverà. È perché le strade sono vuote. È la mancanza di esseri umani a metter
paura. Ti ricordi quella canzone che tutti cantavano? ‘Viva
la gente’, diceva, ‘la trovi ovunque tu vai, viva la gente simpatica più che
mai...’. Devi percorrere questo ponte. Hai deciso di camminare nella città senza gente. Oltre comincia via
Stalingrado. Strana idea quella d'intitolare una via a una città. Chissà
perché il contrario non accade mai. Infilati gli auricolari dell'iPod adesso. I
concerti brandeburghesi. Il concerto in re maggiore. Perfetto per questo
momento, quel clavicembalo che impazzisce alla fine.
venerdì 29 giugno 2012
giovedì 28 giugno 2012
Cose nuove
Devi dire cose nuove, e però tante cose vecchie. Devi dire in effetti soltanto cose vecchie che però siano anche nuove! Le diverse 'concezioni' devono corrispondere a diverse applicazioni. Anche il poeta deve sempre chiedersi: E' proprio vero ciò che scrivo? Il che non deve necessariamente voler dire: Succede così nella realtà? Devi comunque portarti dietro qualcosa di vecchio. Ma per una costruzione. - 1941
[Ludwig Wittgenstein, 'Pensieri diversi', Milano, Adelphi, 1988, pag.82]
martedì 26 giugno 2012
Club Med
Sognai che ero
prigioniera in un Club Med. Degli immigrati clandestini erano sbarcati su
quest'isola da vacanza e avevano occupato il resort cinque stelle, rapito i
villeggianti. Era uno strano sequestro. Non volevano soldi. Né asilo politico.
Neppure il permesso di soggiorno. Volevano le vite agiate degli ospiti del
Club. Si insediavano nelle loro stanze, indossavano i loro abiti sportivo-eleganti,
i loro gioielli. Finché una squadra di agenti scelti faceva irruzione. Gli
africani non opponevano alcuna resistenza. «Prendeteci pure», dicevano, «che
cosa credevate? Che eravamo sbarcati nel vostro bel paese per lavorare in
fabbrica? Per raccattar pomodori nei campi?».
venerdì 22 giugno 2012
Morale
«Una fondamentale accuratezza d’espressione è il solo e unico principio morale della scrittura».
Ezra Pound.
[Raymond Carver, op.cit., pag.6]
[Raymond Carver, op.cit., pag.6]
mercoledì 20 giugno 2012
Senza speranza, senza disperazione
Isak Dinesen diceva che lei scriveva un po' ogni giorno, senza speranza e senza disperazione. Un giorno o l'altro metterò questa frase su una scheda sei-per-dodici e l'attaccherò sulla parete vicino alla mia scrivania.
[Raymond Carver, 'Il mestiere di scrivere', Torino, Einaudi, 1997, a cura di W.L.Stull e R.Duranti, pag.6]
martedì 19 giugno 2012
Gli italiani
Esiste un
database della felicità, leggo sul
giornale, è stilato in Francia.
Misura il grado di soddisfazione dei popoli del mondo in base a parametri
precisi. Non necessariamente hanno a che vedere col denaro e
la ricchezza del paese sotto osservazione. I più felici, secondo la classifica,
risultano essere i danesi. Seguono gli svizzeri. Al diciannovesimo posto sono
gli abitanti del Salvador. Al ventunesimo quelli della Bulgaria. La Romania
figura al settantaquattresimo posto. L'Ucraina al novantaduesimo. Le isole
Filippine si collocano al trentanovesimo, il Giappone al quarantaquattresimo.
Il Perù al cinquantesimo, il Pakistan all'ottantaquattresimo. L'Italia figura
al ventiseiesimo posto, appena dopo il Kuwait e l'Honduras. Occupa il suo posto
con onore, in fondo. L'Italia: gli italiani sono convinti che sia il paese più
bello al mondo. Al novantacinquesimo e ultimo posto della classifica si piazza
la Tanzania. I tanzanesi nemmeno lo sanno, che sono il popolo meno felice sul
pianeta. Penso alla consapevolezza di un popolo. Mi chiedo se gli italiani sono
un popolo consapevole.
Non voglio accettare il mondo com'è
Io sono rimasto l'uomo che non accetta il mondo e in questo mio atteggiamento ostinato consiste l'unità e la concordia delle mie anime opposte. Io non voglio accettare il mondo com'è e perciò tento di rifarlo con la fantasia o di mutarlo con la distruzione. Lo ricostruisco con l'arte e tento di capovolgerlo con la teoria. Sono due sforzi in apparenza diversi ma concordi e convergenti.
[Giovanni Papini, 'Un uomo finito', op.cit., pag.218]
venerdì 15 giugno 2012
Mi sdraio zitto zitto nelle comodità
Arrivan dei momenti in cui mi pare di star bene, in cui mi sento felice, in cui ho il vile coraggio di scordare tutta la bassezza e lo strazio della mia vita. Allora mi sdraio zitto zitto, ipocritamente, nelle comodità, nelle abitudini, nella vita agiata, grassa, tranquilla di tutti voi, compagni che odio. E' una cosa vergognosa e provo un certo raccapriccio a confessarla.
[Giovanni Papini, 'Un uomo finito', op.cit., pag.195]
martedì 12 giugno 2012
Faccia di
≪Fondi neri per l’ammontare di venticinque miliardi di lire≫, diceva il giornalista alla radio quella domenica, ≪li ha fatti sparire l’ex presidente della Montedison,
Giorgio Valerio, per finanziare la Dc, il Psi e l’Msi≫. ≪Vediamo chi eleggono presidente della Repubblica≫, diceva mio padre, ≪se
andrà a guardarci dentro, a questo pasticcio coi partiti≫. In cucina mia madre metteva in forno la bomba di riso.
Sara telefonava. ≪Tu pensi che Patty Pravo è sexy?≫ diceva, ≪davvero lo pensi? Io gelosa?
Gelosa di Patty Pravo? Io invidiosa che Patty Pravo puo indossare degli stivali
che le arrivano fin su alla coscia? Tu sei scemo!≫ strillò. Riattaccava. Il
telefono squillava. ≪Se
è per me≫,
diceva la sorella, ≪non
ci sono≫.
≪Neanche
se è Giampaolo?≫
diceva mia madre. ≪Quella
faccia di merda≫.
[da 'Le descrizioni']
sabato 9 giugno 2012
Mascalzone
Ventidue anni fa. Riempio la valigia sul letto. Sono
in partenza. Mia madre entra in camera come un turbine. «Chi te lo fa fare», dice, «di correre dietro a un uomo?». Mi sono innamorata di un
ragazzo che studia cinema. Abbiamo ottenuto l'accredito per assistere alle
proiezioni del festival del Cinema di Pesaro. Dormiremo in una pensione. È la
prima volta che dormo con un ragazzo. «Con tutto quello che tuo padre ha speso
per farti studiare», dice mia madre, «perché tu diventassi una donna
indipendente, istruita», dice, «devi solo ringraziare il cielo che
non sei come me, che sono ignorante, e incontrando tuo padre sono stata
fortunata, ma a te potrebbe capitare altrimenti!». «Che cosa
potrebbe capitarmi?» dico, «sentiamo». «Un mascalzone», dice mia madre, «che
prima si approfitta della tua ingenuità e dopo ti abbandona». Rido. Ancora
adesso mi scappa un sorriso, se ci penso. Ma quello era il modo che mia madre
aveva di proteggermi.
martedì 5 giugno 2012
Simone
Prendo
in mano la rivista che è sul comodino, dalla parte dove ha dormito lui. 'Le
Nouvel Observateur': Simone De Beauvoir, nuda, di spalle, mentre si aggiusta i
capelli, allo specchio del bagno, sulla copertina. Deve esserselo dimenticato,
penso. Oppure no, l'ha lasciato qui perché io vedessi quella foto.
Una foto rubata, scattata attraverso lo spiraglio della porta socchiusa. Leggo
che Simone era andata in America, a Chicago, in visita all'amante Nelson
Algren, lo scrittore. Un giorno voleva farsi una doccia. Ma nell'appartamento
di Nelson il bagno mancava. Così lui l'accompagnò a quello di un'amica che del
bagno era fornito. Lì fu scattata la foto. Da qualcuno che era in casa.
Il
culo della filosofa, eccolo qua: cosce esistenzialiste. Il busto, mentre Simone
si fissa i capelli allo specchio, si inarca. È una posa vanitosa, civettuola,
come se lei fosse cosciente, che c'era qualcuno, oltre la porta, intento a
spiarla, e non se ne dispiacesse.
Perché
mi colpisce questa foto? Perché non siamo gente di quel tipo, noi. Non siamo
gente che mette il culo nell'obiettivo di un fotografo.
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