L’ascensore
si spalanca su di una corsia d’ospedale e all’improvviso i bambini sono dappertutto. Asiatici, mediorientali, esteuropei. Strizzano pupazzi, si
strappano di mano un videogioco rosso, oggetti gommosi che fischiano. Si
soffiano il naso per terra, si slacciano le scarpe da tennis e spiccano la
rincorsa a piedi nudi. Fanno scoppiare sacchetti di patatine vuoti. Ridono come
dei folli. Sono privi di equilibrio. Vanno a sbattere contro i vecchi in
carrozzina. Le donne li trascinano via per mano, si chiudono dentro a stanze dove
ci sono altre donne, altri bambini, come se fossero nati e in un baleno
cresciuti lì dentro. Quella frase di Heidegger, ‘l'uomo è progetto, l'uomo è
movimento in lontananza’, pensaci, ti dici, pensaci.
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