«Da quando sono tutti morti»,
dico a Zelda, «una pera dietro l’altra mi farei per sopravvivere a questi
giorni». «Rimpiangi dunque l’orrenda scena familiare?». «Non ci crederai,
eppure parlano, quei parenti, della piscina da allargare, del rendimento dei
titoli di stato… del Capodanno a Cortina, parlano, del nuovo borsellino di
Bulgari… Ma mia madre, mio padre, mai avrebbero permesso che si nominasse una
piscina, durante il pranzo di Natale, mai». Così mi fa vedere, Zelda, per
distrarmi dagli sciagurati pensieri, un’incisione di artista fiammingo, che è una
natività nella quale vicino a Maria, è rappresentata la figura della levatrice.
E in effetti è bellissima, questa presenza inconsueta, intendo, che nella faccia
mi sembra assomigli alla mia panettiera, perfino. «Da quando sono tutti morti»,
dico a Zelda entrando in cucina, «la vigilia di Natale, penso alla mia
panettiera, eh». «Datti da fare con quel branzino piuttosto», fa lei. Va bene, Zelda, lo
sai che io sono la Grande Maestra Cuciniera dei branzini selvaggi. «Apro il
Franciacorta?» dice Max. «Eh apriamolo», dico, da quando sono tutti morti.
So.
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