Ci sono donne svestite dal corpo
abnorme, le grosse mammelle spenzolanti, che agli uomini provocatoriamente mostrano
lo sterminato sedere, e slanciando la linguaccia di fuori fanno marameo.
Cleopatra è una di loro, la Regina delle Puttane (Cleopatra, 1920).
Ci sono donne vestite in
accessoriati completi borghesi, stola di pelliccia al collo, piccole borsette
in pelli di bestie rare: al parco spingono la carrozzina con dentro il diletto neonato
(Il rampollo, 1930), scavallano le
gambe nei caffè, si ritoccano le labbra, ante litteram effetto silicone (suine,
in realtà), dilatano le narici, anch’esse scrofesche.
Ci sono gli
uomini-che-odiano-le-donne (specie quelle che gli fanno la linguaccia, si
capisce), pelati in perfetto stile Mussolini, uniforme militare con mostrine appuntate
alle spalle (Agamennone, 1919):
uomini che le donne, le anelano, ma quando ce le hanno davanti, strafottenti,
piene di spirito, volentieri le farebbero fuori.
C’è l’arroganza del macho e la
sua irrisione tutta al femminile (avete notato che i soggetti maschili di Grosz
hanno sempre un sesso minuscolo?).
C’è una Notte di nozze (1923) tra sposini uomini, con uno dei due agghindato
in pizzo e giarrettiera che all’altro sembra dire: «Caro?»… Spassoso!
Esilarante!
C’è un pittore davanti al
cavalletto, che ha poco da misurare la tela con squadra e goniometro… tanto lì dentro, il donnone che gli fa da
modello, nemmeno compresso su scala ultraridotta ci entrerà mai. Non a caso il
titolo del disegno è Nuova Oggettività
(1925): più oggettivo di così, in effetti.
C’è - nel senso che questi
disegni ce lo ricordano in ogni istante – quella frase, ‘L’uomo non è buono ma
è una bestia’, che Grosz s’inventò come titolo per una mostra ad Hannover,
proprio in quegli anni; come c’è il sentore delle multe che pagò per ‘diffusione
di oscenità’, per non dire delle oltre 200 opere che i nazisti gli distrussero
nell’operazione di Arte Degenerata.
C’è la parola ‘Gewalt’, che
sappiamo, in tedesco, ha il duplice significato di ‘autorità’ e allo stesso
tempo di ‘violenza’.
C’è la regola sociale che comprime
la coscienza facendo assomigliare gli esseri umani a ridicoli mammiferi in frac
e che prima o poi, comprimi e comprimi ancora, finisce per liberare gli istinti
più atroci (Arbeit macht frei,
appunto).
No, altroché oscenità.
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