«Definire la nazione come una repubblica fondata sul
lavoro», dico a X che d’ora in poi chiamerò Max, «è un colpo di genio, in
effetti». Mi viene in mente perché ho letto l’intervista a un fabbricante di
ombrelli, un artigiano napoletano: ‘l’intelaiatura’, dice al giornalista, ‘la
faccio con le stecche di balena… per produrre un ombrello come si deve’, dice,
‘è necessario passare attraverso 70 fasi di lavorazione’. «…Collegare la ricchezza
di uno stato all’ingegno dei suoi cittadini, intendo», dico a Max, «dire ‘il
patrimonio di tutti scaturisce dall’intelligenza dei singoli». Max, che è piuttosto di
tendenza anarcoide, scuote la testa. «Gerard Depardieu, per esempio», dice,
«io, quando dice che per non pagare la tassa patrimoniale, vuol lasciare la Francia,
mica me la sento di dirgli niente». ‘È da quando ho quattordici anni che
lavoro’, dice Gerard Depardieu, ‘è la Francia a dover qualcosa a me’. «Io penso
che l’ombrellaio anche a dieci anni ha cominciato», dico. «A quattordici anni»,
dice Max, «io giuravo a tutti che avrei fatto l’allevatore di piccioni viaggiatori».
So so so.
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