Sono in coda alla cassa Coop, quando un
gruppo di studenti, dall’esterno, direttamente arriva alla cassa. Girata
in testa una ragazza porta la corona d’alloro del neolaureato: trucco vistoso,
miniabito in lustrini rossi, calza su guêpière,
tacco a spillo. Sulla schiena nuda le vedo appiccicato un cartello con la
scritta ‘dottore nel buco del cul’. I compagni, dietro di lei, sono allegri.
Bevono dal cartoccio del Tavernello, urlano: «Vaffancul vaffancul!», si spingono
tra di loro, fanno cadere i cesti impilati del supermercato, ridono fino alle
lacrime. Sono entusiasti, ma cosa vogliano dalla cassa Coop non è chiaro. Finché la
ragazza con l’alloro si avvicina alla cassiera e dice: «Fammelo provare!».
Indica il piccolo microfono collegato al banco, che la cassiera usa per richiamare
i colleghi presenti in sala, controllare un prezzo. «Come, scusa?» fa. «E
dai! Fammi cantare un pezzo!» dice la ragazza. Si è seduta nello scivolo della
cassa, dove rotola la merce. «E dai!» dicono i compagni, «si è appena laureata! Falla sfogare!».
In silenzio la cassiera batte sui tasti numerici. È una ragazza indiana o
pakistana o bengalese, chissà. È sempre serissima. La neolaureata si sfila le
scarpe, le getta per terra. «Uff!», dice, «che mortorio, ragazzi!». Le calze le
sono scese alla caviglia, si sono lacerate. «In che materia ti sei laureata?»
le dico. «Giurisprudenza». «Cosa vorresti fare nella vita?». «Boh», dice. «Vediamo.
La cantante».
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