giovedì 13 dicembre 2012

Hai bevuto troppo

Mi sveglio nel cuore della notte con le tempie che mi pulsano. Sudo. Hai bevuto troppo, hai bevuto…
Mi scopro dal piumone. Dalla strada viene il fruscio meccanico della spazzola che pulisce l'asfalto di notte. Mi siedo sul bordo del letto, la testa pesante.
Vado in cucina. La gatta parlante mi fissa davanti la sua ciotola.
«Sarà rivoluzionario colui che riuscirà a rivoluzionare se stesso», dice la stronzetta.
«Me l’hai già detto».
 Dev’essere Simone Weil, in effetti.
Mi rimetto a letto. E quando chiudo gli occhi, mi vengono in mente delle fotografie.
Centinaia, migliaia, di fotografie. Poi la casa di una mia cugina, nella quale sono entrata. È stato dopo il funerale di mia madre. Questa cugina, che a malapena conoscevo, dopo la cerimonia funebre, mi vide persa e addolorata, chissà, mi chiese se avevo piacere di mangiare da lei. Così varcai la soglia di quella casa intasata di foto. Erano dappertutto. Nei corridoi, sui mobili, a parete, perfino sopra il gabinetto, in bagno. Tutte di membri della famiglia. Facce sorridenti, sottovetro. Facce parlanti che dicevano fiduciose: «Non sei sola al mondo! Siamo tutti con te! Siamo la tua famiglia!».
Qualcosa che mi tenga conficcata al mondo, di questo hai bisogno. Di un autoinganno. Hai bevuto troppo, penso, hai bevuto…

 

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