mercoledì 5 dicembre 2012

Profumo nella città di P. - Aneddoto terzo

Le profumerie aprono in gran numero, nella città di P., perché agli abitanti profumarsi piace. Esco dalla stazione, imbocco via Garibaldi e ne supero una, due, tre, quattro perfino, di profumerie, a pochi metri l’una dall’altra, e tutte che in vetrina esibiscono la famosa fragranza ‘Acqua di P.’, versione Colonia classica, Colonia assoluta, Iris nobile, Iris sublime, variante shower gel al Bergamotto di Calabria, body lotion Mirto di Panarea, in cofanetto natalizio candela aromatizzata e diffusore per l’ambiente ‘Acqua di P.’… Salgo sull’autobus e un’onda di agrume speziato mi sconquassa i sensi, poi un’altra, ventate variabili, a seconda di chi sale, dell’ingombro che occupa. A casa della sorella entro in bagno ed eccolo lì, sulla consolle, il flacone di Colonia intensa prestige marchiato‘Acqua di P.’ E di fianco, Prada infusion, Laura Biagiotti Roma, La Perla j’aime… La sorella spalanca la porta e penso che morirò per asfissia. «Qui non si respira», dico scansando l’aria. Lei mi guarda. Si sorprende. «È La Perla», dice, «non ti piace?». In corridoio incrocio mio cognato, Tom Ford Noir. «E la stazione», dico mangiando una fetta di prosciutto che, giuro, sa di Iris nobile, «quand’è che la finiscono?». «Ah, non si sa», dice la sorella, «non ci sono soldi». I lavori sono bloccati, da anni, ormai. «Non c’è una lira», dice mio cognato. Mentre succhio un cannoncino alla crema che sa di gelsomino alcolico, mi viene da pensare che tra i due fenomeni, il clamoroso buco di bilancio, intendo, le ruberie della classe dirigente, e quel profumo che intasa l’anima, ci sia una relazione. 
 

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