Il pezzo di cielo sopra il loro
capo era pieno di stelle. Tra stella e stella il nero del cielo era morbido,
respirava come un corpo vivo. Arianna così stando supina aveva negli occhi il
lume delle stelle.
In piedi al suo fianco Luciana
segnava il cielo e parlava.
«Arianna, io non credo alle
vecchie costellazioni. Io conosco quelle vere. Guarda quelle due stelle lucide
vicine: si parlano e cercano di gettarsi una verso l’altra: sono gli innamorati
divisi. Vedi quelle otto stelle, la prima su dritta sopra il comignolo, poi due
in curva a destra, tre a sinistra, altre due in alto in croce: quella è la nave
dell’amore: lo vedi il disegno della vela? va portando per il cielo gli amanti
che hanno saputo disprezzare la terra e le opinioni degli uomini. Ora voltati
un poco: guarda lungo il mio braccio, così, molto a sinistra della nave: c’è un
gruppo di quattro o cinque stelle quasi schiacciate una contro l’altra, e
tutt’intorno uno spolverio chiaro: è l’isola; ci vanno le persone che nel mondo
hanno saputo vivere in solitudine. […] Che cos’hai, Arianna?».
«Niente».
«Sono brividi di freddo. Prendi».
Luciana si tolse il mantello e lo
gettò addosso all’amica, che non se ne accorse, tanto era perduta.
[Massimo Bontempelli, Il figlio
di due madri, Milano, SE, 1989, pgg.137-138]
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