venerdì 31 agosto 2012

Set me free, Simone

M'infilo una vecchia giacca di pelle rossa. Esco. È domenica, l'ora di pranzo. Vado al take away di cucina greca in via Goito, 'Gli dei hanno fame'.
Dietro il bancone, Alessio rigira le pite sul grill. La radio diffonde Love to love you baby di Donna Summer. 
«Cosa ti do?».
«Il solito».
Il solito è la moussaka.
When you're laying so close to me, canta Donna Summer, there's no place I'd rather you be than with me.
«E quella salsa marroncina a base di ceci», aggiungo.
«Si chiama hummus», dice Alessio.
Sono anni che frequento questo take away, e a parte la moussaka, i nomi di tutte le altre specialità in menù non riesco a memorizzarli. Niente da fare, non mi entrano in testa.
Prendo posto su uno degli sgabelli a ridosso del bancone che è davanti la vetrina. Di solito sono occupati dai ragazzi che si mangiano le pite farcite. Ma arrivano nel pomeriggio, dopo che hanno incontrato i loro amici, su via dell'Indipendenza. Io mi ci siedo per aspettare il pranzo che porto via.
Do it to me again and you put me in such an awful spin, canta Donna Summer. I love to love you baby, canta.
Il volantino sul tavolo reclamizza un viaggio per le vacanze pasquali nel Peloponneso con partecipazione a un campo di scavi archeologici. Full immersion nell'antichità classica, dice.
Guardo fuori. La vista della strada è schermata dal fogliame del gelsomino che nel vaso ai bordi del marciapiede, si arrampica al graticcio. Isola quella porzione di asfalto dai motorini parcheggiati e dal pub che è sull'altro lato della via.
«Dov'è M.?» dice Alessio.
«Da sua madre».
«Quando torna?».
«Non torna».
«Ché vi siete lasciati?».
«Perché, ti sembra strano?».
I love to love you baby, canta Donna Summer.
Sulla porta c'è Remo, il suo compagno. Indossa un grembiule con sopra serigrafato il David di Michelangelo.
«Hai rotto con M.?» fa.
«Non sono mica stata io».
Alessio apre lo sportello del forno. Mentre incarta la moussaka, mi sbircia dubbioso.
«Sembra che non ti dispiaccia», dice.
Lay your head down so close to soothe my mind, canta Donna Summer. Set me free, canta.
Mi mette in mano la borsa di plastica con la moussaka.
Mi accompagna fino all'ingresso. Esce sul marciapiede. Controlla la ricrescita del gelsomino. Con cura sistema i rami ribelli sul graticcio. Esce anche Remo. Gli mette la mano sulla spalla.        
I love to love you baby, canta Donna Summer.
 
 
Cleofe è dietro alla porta, quando apro, così vicina che per poco non gliela sbatto nel muso.
«Ho fame», dice.
Vado in cucina. Le vuoto nella ciotola una manciata di croccantini senior plus, la busta già pronta sul tavolo.
Sul divano, incastrato tra i cuscini, è rovesciato un libretto di Simone Weil, ‘Manifesto per la soppressione dei partiti politici’, una mano con l'indice capovolto in copertina. Lo sta leggendo, la gattaccia.
Sì, io vivo con una gatta che legge. Parla anche. È una gatta parlante, Cleofe. 
Mentre mi tolgo gli stivali, sento che sgranocchia il suo pasto con appetito. Dopo qualche minuto mi raggiunge sul divano.
«Simone», dice leccandosi la zampa destra, «in appena trent'anni di vita getta le basi del riformismo rivoluzionario. Tu, a quaranta, ti fai piantare dall'unico uomo che hai mai avuto».
«Mi sfugge il paragone», dico aprendo il libretto.
«Simone», dice leccandosi la zampa sinistra, «rinunciò al comodo ruolo d'insegnante per compiere un gesto forte. Se ne andò a lavorare alla catena di montaggio in fabbrica. Aveva quella che si dice 'coscienza'. Sulla propria pelle sostenne che solo facendo scelte individuali coraggiose si può riformare la società. E tu, invece?».
«Smetti di fare la stronzetta», dico.
           
 

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