venerdì 24 agosto 2012

La bambola preferita

Poi la notte non dormo. Mi ritorna in mente una vecchia foto che ritrae mia madre bambina. Mia madre imbronciata, i capelli arruffati, in piedi contro il muro scrostato di un casolare in campagna, con una bambola per mano. Una bambola alta quanto lei, con indosso un abito di stoffa, le scarpe smaltate sui piedi, e senza occhi. Come se qualcuno li avesse strappati via, al posto degli occhi ci sono due cavità scure. Gli occhi di mia madre invece sono selvatici, meravigliosi. Gli occhi di una bambina che tiene per mano la sua bambola preferita. «Tenere per mano quella bambola», mi disse un giorno, «era la mia felicità».
Mi alzo, vado in terrazzo. C'è la luna piena. Una luce spettrale che striscia sul tavolo di pietra, si attacca alle sedie. È come stare in teatro, essere unica protagonista sotto i riflettori del palcoscenico.
A volte la vita è così. È possibile osservare la propria ombra riflessa sul muro e non riconoscersi in quell'ombra. Muovere una mano e controllare se anche l'ombra sul muro segue lo stesso spostamento. Torna dentro, penso, a letto.

 

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