Vado
in piazza. Mi siedo in uno di quei bar per turisti che si affacciano sul
Crescentone, coi tavolini dalle tovaglie a quadretti tenute strette agli angoli
perché il vento non se le porti via. Vicino a me siede una famiglia straniera.
Prende il sole. Si abbronza, col sole di luglio, tra i monumenti della
città.
Adesso faccio un esperimento, penso:
adotto la loro stessa ottica. Mi calo nella psicologia dello straniero. Chiudo
gli occhi, mi dimentico di tutto.
«One
espresso, please», dico al cameriere dalla pelle olivastra e occhio a
mandorla che si destreggia tra i tavoli.
«Water?».
«Yes, please. A small
glass».
Fingersi stranieri,
penso. Chiudo gli occhi, li riapro.
Assumendo lo sguardo del turista, posso
guardare alla mia vita, al mio paese, con indulgenza, distacco, perfino. Far
finta che l'inaccettabile sia solo l'altra faccia del pittoresco.
Una comitiva di pensionati insegue la
bandierina della guida. Poco più in là, dei bambini saltano sopra dei palloni
gonfiabili. Rassicurante come in una cartolina, penso.
Guardo l'uomo in tuta da ginnastica che
davanti alla fontana del Nettuno, monta in piedi su uno sgabello. Comincia un
discorso a proposito degli assegni di invalidità erogati in così larga misura
al Sud. In ascolto c'è un anziano, cappellino da basket, quotidiano
sportivo sottobraccio. Annuisce. La famiglia di stranieri seduta al tavolo
sorride. Sorrido anch'io. Sollevo il mio caffè espresso in un gesto di brindisi
ideale. This is Italy, beautiful country.
Sorseggio il mio bicchiere d'acqua. Morsico la fetta di limone che ci galleggia
dentro.
Giro lo sguardo al palazzo comunale, la
statua di papa Gregorio XIII che siede sul portale d'ingresso a benedire la
città che gli ha dato i natali. Buone cose a tutti, già. Grazie. Thank you, Mr pope. God bless you. Dio
benedica l'Italia. Beautiful country.
Guardo le tre bandiere che sventolano ai piedi della statua. L'Europa unita, lo
scudo crociato stendardo della città e una terza bandiera. Chiamo il
cameriere.
«Yes, madam?».
«You see the flags?».
«Yes, madam».
«What flag is the one
on the right?».
Il cameriere un po'
stupito alzò gli occhi nella direzione del mio gesto.
«This is the Italian flag, madam».
«Oh, I see», dico simulando stupore.
La famiglia di stranieri che ha
ascoltato annuisce felice. Noi lo sapevamo, dice il loro sorriso. L'uomo in
tuta da ginnastica davanti al Nettuno scende dallo sgabello. Ha concluso il suo
discorso. Il pensionato col cappellino da basket lo saluta.
«Thank
you», dico al cameriere.
Pago con la mancia.
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