sabato 21 luglio 2012

Giornalisti gastronomici

Dei giornalisti gastronomici stranieri colpiva l'ignoranza. 
«I maiali», raccontai a questo ragazzo venuto dalla Svezia, mentre ci addentravamo nel quartiere medioevale,  «nei secoli trascorsi, razzolavano allo stato brado. Si nutrivano di ghiande. La nostra regione ne è sempre stata ricca. I longobardi, poi, portarono con sé la tradizione germanica della salsiccia». 
L'avevo sentito dire da Piero Angela, una puntata di 'Quark' dedicata alle invasioni barbariche.
«Lei mi sta dicendo che corrono liberamente nei boschi?» m'interruppe passandosi le mani sotto le ascelle.
Era un tipo dai capelli a spazzola, con le mascelle sporgenti come un eroe dei videogiochi. Gli arti, gambe e braccia, erano molto lunghi. Muoveva le mani in continuazione; forse era un tic.
«Adesso vivono nei porcili. Edifici di cemento simili a caserme rumorose e puzzolenti. Ma qualcuno in libertà c'è ancora. Ed è proprio da loro, che si ricavano le salsicce più succulente e tenere. Peccato che quelli sporadici in libertà siano un pericolo pubblico. Tanto più che le foreste di querce sono praticamente scomparse, e i suini non trovano più mezza ghianda da papparsi».
«…Le povere bestie», spiegai sbucando davanti alle due torri, «non sanno più con che cosa sfamarsi, e dunque li si può ritrovare nei pressi della tangenziale, oppure sotto i cavalcavia. S’incontrano anche lungo l'asse attrezzato. Si nutrono di tutto: cellophane, cartone, copertoni. Pare si siano rosicchiati perfino un pezzo della terza cinta muraria della città».
Il giornalista smise di scrivere. Allungò lo sguardo sul corpo della torre Asinelli, poi mi spiò di traverso.
«Ok», disse. Puntò la biro in direzione della mia faccia, come fosse l'arma per uccidermi.
Mi diede un colpetto alla spalla. Avevo esagerato. Aveva capito lo scherzo. Ridemmo.
«Ma le due torri sono sempre state in questa posizione?».
«Eh, sì».
«Al centro della strada? In mezzo al traffico?».
«Già».
«Perché non le hanno costruite sulla piazza?».
«E' zona pedonale. Non c'era alcun bisogno di deviare la circolazione».
Ridemmo.
Da allora, tra me e lui scattò una specie di alleanza: della serie, ho dimostrato la mia superiorità e adesso siamo proprio come due fratelli.
«I romani non erano allevatori», dissi. «Erano guerrieri. Sempre in giro a menar le mani nelle colonie. Però con la carne di maiale si producevano gli insaccati. E per i panini andavano pazzi. Mangiare al sacco. Erano sempre fuori casa. Durante le campagne militari in Africa o Dacia, averci in saccoccia un paio di sandwich farciti era d'obbligo».
«Il salame si mangia col pane?».
«Certo», risposi, non mostrando alcuna sorpresa per la domanda. «Si taglia e infila nel panino: così». Feci combaciare i palmi, mimando le fette di pane che si richiudevano.
«Parliamo dei panini. Ai romani, gli piaceva godersi il panorama della città dalla cima delle torri, eh?».
Gli spiegai che quelle furono costruite parecchi secoli dopo la colonizzazione romana.
«Ah sì? Peccato. Mi piace pensare agli antichi che da lassù, gustandosi i loro sandwich, si godevano il panorama».
Vidi che scriveva le sue stesse parole.
[dalla Guida gastronomica]

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