venerdì 19 luglio 2013

Mr Pig

Il TdM, o Tempio della Mortadella, è il luogo nel quale si celebra l'apologia dell'insaccato e della gastronomia che, nel mondo, ha reso famosa la città. Un negozio in continua espansione. Prende nuovi spazi, aggiunge stanze, sempre di più sedimentandosi nel grande palazzo che da sempre lo ospita. Sul fronte dell'edificio si stacca un bovino rampante, lo stemma della corporazione dei macellai. Esplorandolo ci si può immaginare come la carne e i suoi molteplici derivati possano davvero reggere l'equilibrio del mondo.
Di fianco all'ingresso, si siede un frate. Raccoglie offerte e rilascia in cambio un santino. Saluta i turisti chiedendo da quale parte del mondo provengano.
Il re del TdM, o demiurgo dell'insaccato, è Mr Pig: faccia rosa lucido, sulla quale la pelle appare tesa e levigata. La forma del corpo, a imbuto, richiama un mortadellone in taglia XL. Tutti assomigliamo un po' a ciò che amiamo.
La settimana precedente, mi aveva annunciato che stava allestendo una nuova stanza.
«La inauguriamo tra qualche mese. Mettiamo la tavola per tirare la sfoglia. I giornalisti potranno in prima persona lavorare col mattarello e mangiarsi alla fine quello che hanno prodotto. Tu cosa mi consigli?».
«L'importante è che sia gratis».
«Ah, quando c'è da leccarsi le dita, tutto il mondo è paese», aveva convenuto Mr Pig.
Entrammo.
Dopo pochi minuti, il gallese passeggiava beato tra le scansie, come in vacanza premio.
Appena mi vide in compagnia, Mr Pig si defilò. Parlare coi giornalisti non gli piace. L'unico modo per obbligarlo alla conversazione è fargli l'improvvisata; coglierlo mentre sta annusando un culatello appena aperto, depositandolo sull'affettatrice.
«Mr Pig!» lo chiamai. «Questo signore è venuto apposta dalle nebbie del Galles a quelle padane per imparare tutto sui maiali! Che ci racconta qualcosa?».
Lui mi guardò con occhio truce. Poi, annusando l’aria, sorrise.
Perché Mr Pig è sensibile ai complimenti. E vuole che del TdM se ne parli bene e in tutto il mondo; crede alla magia della pubblicità.
«Possiamo fare un'intervista?» domandò il giornalista. 
«Come no!» ripose il demiurgo dell'insaccato, «I English», parlo inglese. «Great!». E non feci in tempo a dirmi disponibile alla traduzione, che  strofinandosi le mani nel grembiule, attaccò: «My uncle open the shop second world war need money no pigs poor people sell mortadella, understand?».
Il giornalista rimase con la biro in mano, interdetto.
«…Sixty per cent fatty meat forty per cent lean meat pigs no believe donkey», proseguì Mr Pig, «understand?».
«E' sempre un piacere ascoltarla, Mr Pig», dissi. «Lei è una delle personalità che più rappresentano la cultura della nostra città. Un portavoce esemplare».
«Vaglielo a spiegare te, agli stranieri, che è tutta una questione di odori», mi sussurrò mentre traducevo al gallese. «Chi ce l'ha il coraggio di dire a questi disgraziati che la mortadella non esiste?».
Il giornalista cominciò a toccarsi lo stomaco. A quel punto Mr Pig disse che si scusava, un impegno reclamava la sua presenza altrove. In questi casi, quando il capo se la fila, è prudente rinunciare allo spuntino a sbafo. Quella volta, però, cogliendo la disperazione nel gorgoglio dello stomaco del gallese, e volendo premiarlo per avermi seguito al museo archeologico, decisi di sfidare la sorte.
Mr Pig stava per rintanarsi, quando azzardai: «Che al nostro amico, gli fa assaggiare un tocchetto della sua specialità?».
Lui si voltò, lo sguardo di chi ti augura di morire di fame.
Vidi il piattino che, con gesto funereo, sollevava dal bancone e porgeva al giornalista. I cubetti di mortadella erano color grigio antracite, come ci avessero siringato dentro fiotti di cemento.
«Prego», disse con un sorrisetto vendicativo. E capii che non potevo fare proprio niente per salvare questo ragazzone così elegante, nelle sue scarpe made in Italy.
Morsicò il cubetto, masticò piano. Inghiottì.
«Purtroppo non è proprio freschissima», ammise Mr Pig.
Alle sue spalle, la cassiera sbarrò gli occhi, mimando con le dita il numero quindici. I cubetti assassini riposavano nel piattino da quindici giorni.
Mentre uscivamo, e il gallese si precipitava a vomitare il boccone nel cestino della spazzatura che il frate gli indicava, sbirciai il demiurgo dell’insaccato per un'ultima volta. Non era un uomo, ma una maschera beffarda.
«Eh sì, cari miei», ripeteva appoggiando delicatamente una forma sull'affettatrice, «la mortadella non esiste proprio!». Nei suoi occhi lampeggiava un guizzo di piacere.
[dalla Guida gastronomica]

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