Il TdM, o
Tempio della Mortadella, è il luogo nel quale si celebra l'apologia
dell'insaccato e della gastronomia che, nel mondo, ha reso famosa la città. Un
negozio in continua espansione. Prende nuovi spazi, aggiunge stanze, sempre di
più sedimentandosi nel grande palazzo che da sempre lo ospita. Sul fronte
dell'edificio si stacca un bovino rampante, lo stemma della corporazione dei
macellai. Esplorandolo ci si può immaginare come la carne e i suoi molteplici derivati
possano davvero reggere l'equilibrio del mondo.
Di fianco
all'ingresso, si siede un frate. Raccoglie offerte e rilascia in cambio un
santino. Saluta i turisti chiedendo da quale parte del mondo provengano.
Il re del TdM,
o demiurgo dell'insaccato, è Mr Pig: faccia rosa lucido, sulla quale la pelle
appare tesa e levigata. La forma del corpo, a imbuto, richiama un mortadellone
in taglia XL. Tutti assomigliamo un po' a ciò che amiamo.
La settimana
precedente, mi aveva annunciato che stava allestendo una nuova stanza.
«La inauguriamo
tra qualche mese. Mettiamo la tavola per tirare la sfoglia. I giornalisti
potranno in prima persona lavorare col mattarello e mangiarsi alla fine quello
che hanno prodotto. Tu cosa mi consigli?».
«L'importante è
che sia gratis».
«Ah, quando c'è
da leccarsi le dita, tutto il mondo è paese», aveva convenuto Mr Pig.
Entrammo.
Dopo
pochi minuti, il gallese passeggiava beato tra le scansie, come in vacanza
premio.
Appena mi vide
in compagnia, Mr Pig si defilò. Parlare coi giornalisti non gli piace. L'unico
modo per obbligarlo alla conversazione è fargli l'improvvisata; coglierlo
mentre sta annusando un culatello appena aperto, depositandolo
sull'affettatrice.
«Mr Pig!» lo
chiamai. «Questo signore è venuto apposta dalle nebbie del Galles a quelle
padane per imparare tutto sui maiali! Che ci racconta qualcosa?».
Lui mi guardò
con occhio truce. Poi, annusando l’aria, sorrise.
Perché Mr Pig è sensibile ai
complimenti. E vuole che del TdM se ne parli bene e in tutto il mondo; crede
alla magia della pubblicità.
«Possiamo
fare un'intervista?» domandò il giornalista.
«Come
no!» ripose il demiurgo dell'insaccato, «I
English», parlo inglese. «Great!».
E non feci in tempo a dirmi disponibile alla traduzione, che strofinandosi le mani nel grembiule, attaccò:
«My uncle open the shop second world war need money no pigs poor people sell
mortadella, understand?».
Il giornalista
rimase con la biro in mano, interdetto.
«…Sixty per cent fatty meat forty
per cent lean meat pigs no believe donkey», proseguì Mr Pig, «understand?».
«E' sempre un
piacere ascoltarla, Mr Pig», dissi. «Lei è una delle personalità che più
rappresentano la cultura della nostra città. Un portavoce esemplare».
«Vaglielo a
spiegare te, agli stranieri, che è tutta una questione di odori», mi sussurrò
mentre traducevo al gallese. «Chi ce l'ha il coraggio di dire a questi
disgraziati che la mortadella non esiste?».
Il giornalista
cominciò a toccarsi lo stomaco. A quel punto Mr Pig disse che si scusava, un
impegno reclamava la sua presenza altrove. In questi casi, quando il capo se la
fila, è prudente rinunciare allo spuntino a sbafo. Quella volta, però,
cogliendo la disperazione nel gorgoglio dello stomaco del gallese, e volendo
premiarlo per avermi seguito al museo archeologico, decisi di sfidare la sorte.
Mr Pig stava per
rintanarsi, quando azzardai: «Che al nostro amico, gli fa assaggiare un tocchetto
della sua specialità?».
Lui si voltò,
lo sguardo di chi ti augura di morire di fame.
Vidi il piattino che, con gesto
funereo, sollevava dal bancone e porgeva al giornalista. I cubetti di
mortadella erano color grigio antracite, come ci avessero siringato dentro
fiotti di cemento.
«Prego», disse
con un sorrisetto vendicativo. E capii che non potevo fare proprio niente per
salvare questo ragazzone così elegante, nelle sue scarpe made in Italy.
Morsicò il
cubetto, masticò piano. Inghiottì.
«Purtroppo non
è proprio freschissima», ammise Mr Pig.
Alle sue
spalle, la cassiera sbarrò gli occhi, mimando con le dita il numero quindici. I
cubetti assassini riposavano nel piattino da quindici giorni.
Mentre
uscivamo, e il gallese si precipitava a vomitare il boccone nel cestino della
spazzatura che il frate gli indicava, sbirciai il demiurgo dell’insaccato per
un'ultima volta. Non era un uomo, ma una maschera beffarda.
«Eh sì, cari
miei», ripeteva appoggiando delicatamente una forma sull'affettatrice, «la
mortadella non esiste proprio!». Nei suoi occhi lampeggiava un guizzo di
piacere.
[dalla Guida
gastronomica]
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