giovedì 18 luglio 2013

Il Komitato

Il 24 giugno 1971, così è riportato sullo statuto che abbiamo scritto e firmato, decidemmo la fondazione del Komitato. Oltre alla Rossana e a me, ne sono membri e fondatori Sandro, la Sonia e sua sorella Mariangela che chiamiamo Mari.
Sandro, l'anno prossimo andrà in quinta elementare, come la Sonia. È più grande della Mari che invece frequenta la terza. Arriva sempre alla fornace a bordo della sua bici, che è una Graziella verde militare che apparteneva a sua nonna, col sellino tagliato dal quale esce l'imbottitura, e il manubrio che espelle pezzi di ruggine.
Dice che la Graziella, non la cambierebbe con nessuna bici da cross al mondo, perché anche se è da femmina, è la più veloce di tutte, e quando frena, inchioda sull'asfalto. Nel cestino, trasporta sempre delle scatole di polistirolo che gli procura suo padre nella fabbrica di pesce surgelato dove lavora al magazzino.
«Col polistirolo», dice, «si può fabbricare tutto quel che si vuole».
Ogni giorno arriva con delle scatole nuove e di grandezze differenti. Prima di poterle usare, però, deve lasciarle sul balcone del soggiorno di casa sua almeno per una notte, perché quando suo padre gliele porta, puzzano di sardine che fanno vomitare.
Sandro si siede al tavolo del capannone, e con un coltellino divide i pezzi di polistirolo creando delle sagome a incastro. In pochi minuti costruisce un oggetto.
«Cos'è?» gli chiede la Rossana.
«Un container subacqueo. Per trasportare lo squalo balena pescato in Groenlandia, dentro un sottomarino fino all'Italia».
Il suo eroe è Mao Tse-Tung, che sarebbe il presidente della Cina.
Un giorno, al manubrio della Graziella, appese una canottiera con sopra scritto Rivoluzione culturale. Per qualche tempo, la bandiera sventolò all'ingresso del capannone. Finché un pomeriggio la trovammo per terra, sul prato. Era strappata e sulla parete qualcuno aveva scritto Boia chi molla. La Mari cancellò con la tempera di colore bianco. Ci dipinse sopra cinque margherite, dai petali ciascuno di un colore diverso e dietro il fiore, un arcobaleno rovesciato.
«Perché l'hai disegnato al contrario?» le chiese Sandro.
«Così pensano che siamo dei sovversivi e non tornano mai più». E infatti mai più tornarono.
Sandro vuole diventare ingegnere navale; lavorare nel cantiere del Canale di Suez, sul Mar Rosso, dove approdano le navi petroliere degli sceicchi arabi, che trivellano gli oceani e ripartono per i mari del Sud cariche di barili.
«Io invece all'Università studierò le leggi dell'Italia», dice la Sonia. «Voglio partecipare ai processi in tribunale e far mettere in prigione il colpevole».
La Sonia è bionda e calcolatrice. Ha sempre una risposta pronta e uno sguardo gelido che mette in soggezione. Il padre suo e della Mari lavora nell'ufficio della Compagnia dei Telefoni. Ha gli stessi occhi celesti della Sonia, che quando piove diventano grigioverdi come l'acqua delle pozzanghere.
Le piace dare gli ordini. Alcuni giorni dopo che ci eravamo installati nella fornace, e che le regole del Komitato ancora non erano stabilite, lanciò la sua proposta.
«Ogni membro fa il capo a turno», disse. «Questo mese di giugno comanda Sandro, nel mese di luglio, comanderò io».
Parlò in modo così risoluto che nessuno subito ebbe il coraggio di esprimere la sua opinione, né dissentire. Finché la Mari ruppe il silenzio.
«Io non sono d'accordo», disse.
«Perché? Sentiamo», fece la Sonia ostile.
«La disciplina è un comportamento dell'anima. Non si può comandare».
«E invece l'ordine deve essere imposto da fuori».
La Mari scosse la testa. 
 
 
Lei è l'opposto di sua sorella. Castana e con le lentiggini sul naso. La pancia, i polpacci, le dita delle mani perfino, tutto nella sua persona è un po' grassottello. Non assomiglia a nessuno nella sua famiglia. «Secondo me», la prende in giro la Sonia, «all'ospedale ti hanno scambiata nella culla». «Ti credi di essere simpatica?» replica la Mari che è pacifica e non si offende mai.
In educazione artistica è la più brava della classe. Di mestiere vuole fare l'arredatrice. «Deciderò i mobili», dice, «per delle case con delle pareti trasparenti di vetro e legno, circondate da alberi frondosi, costruite in mezzo a un parco senza recinto».
«Ciascuno è responsabile del suo comportamento», disse quel giorno. «Se ognuno ha nel cuore una regola, spiegò, questa diventa la linea che aiuta a distinguere il buono dal cattivo. E quando si è capaci di decidere della propria vita», disse, «il bene che è per sé, lo è anche per gli altri».
«E quale sarebbe la regola?» chiese la Sonia diffidente.
«La coscienza», disse la Mari.
Da quando le ho sentito pronunciare queste parole, penso che sia lei il membro più saggio del Komitato.
[da Le descrizioni]

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