giovedì 4 aprile 2013



Voglio scusarmi, e così lo sapete. Mi ha preso la passione di rovinare le fotografie altrui. Costeggio la fontana del Nettuno, per esempio, vedo uno straniero che sta per scattare una foto alla sua bella, in posa davanti al Gigante, e subito eccomi lì: devio la traiettoria del mio cammino, mi precipito nel suo campo visivo, proprio mentre scatta, e quella foto è per sempre perduta, lost. Peccato, e così lo sapete. Oppure, sono davanti alla statua di Luigi Galvani, lo scienziato che mostra la ranocchia spiattellata sul libro, quella che ha usato per i suoi esperimenti, suppongo, sono lì, magari per caso,  e subito la riconosco, in arrivo dal bar Zanarini: è una ragazza bionda, nordeuropea, con dei bei denti bianchi che ridono. Alza le braccia, sceglie l’inquadratura: vuole fotografare lo scienziato, farlo vivere immortale nel suo Ipad. «Può spostare?» dice. «No», dico. Lei sorride. Non capisce. Peccato, e così lo sapete. La ragazza si sposta. Ma io mi sposto con lei, vado sotto al piedistallo, perfino. Lost, lost, lost. Non vi sopporto, voi fotografi di statue e monumenti celebrativi, che spingete moglie, fratello, bambino, a fianco del prezioso oggetto storico, vestiti in braghe corte, col cappellino da baseball, in canotta, la borsetta griffata a tracolla. Io non vi sopporto. Sciuperò la vostra foto. Voglio scusarmi, e così lo sapete.

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