C’è un leader politico che va in
panico. È possibile? ci domandiamo. Ebbene sì. È lì che deve salire sul palco, prendere la
parola in un comizio elettorale, e invece cerca scampo alla toilette. Come un
drogato di auditel interpella i sondaggi online sull’indice di gradimento
riservato alla sua persona… E già in questa partenza, chissà perché, si respira
un’atmosfera familiar-nazionale.
C’è un leader che davanti all’immensa
platea dei suoi elettori, all’improvviso realizza che non ha più niente da
comunicare. Per dirla alla Jovanotti, il capopartito ha perso la direzione.
C’è un politico che decide di
scomparire dal suo ruolo di politico per ricomparire in quello di uomo. E per raccapezzarsi,
pensa di fare un salto a ritroso nel tempo, cercare di ricordarsi com’era quando
tutto è cominciato. Quando tutto è cominciato, già.
C’è poi una donna che quest’uomo
ex politico, lo ha amato, quando era un ragazzo e aveva sogni, energia, e in testa
la certezza di rivoluzionare il mondo con le sue idee, forse, o in ogni caso la
voglia di renderlo meno schifoso. C’è una donna che gli dà asilo senza chiedergli
perché.
C’è un filosofo, degente appena dimesso
da un ospedale psichiatrico, che del leader politico è il fratello gemello, e i
due sono così sputati identici che il trucco per ingannare tutti è subito servito. C’è
un filosofo che una cartella medica descrive come ‘affetto da disturbo bipolare
con percezione alterata della realtà’. Oh, è proprio l’uomo che fa per noi, viene
subito da pensare.
C’è dunque un filosofo matto al
quale assegnano il ruolo di politico assennato. Inutile dire che in quei panni
ci sta a meraviglia, fa una gran figura. Ci prende gusto, perfino. A tal punto
che con un colpo da maestro, oplà! supera la performance del politico.
C’è una frase, che il filosofo
diventato politico interrogato da un giornalista dice, e cioè ‘l’unica alleanza
possibile è quella con la coscienza della gente’. Altroché inciuci; l'etica in
parlamento, piuttosto.
C’è lo stesso uomo, del tutto a
suo agio nella funzione di politico-filosofo, ormai, che macina pillole di Socrate
e Aristotele, legge Brecht, parla di paura, cambiamento possibile, comunicazione
diretta, e a un certo punto, salito sul palco, davanti a uno sfondo fitto di
parole, dice ‘qui, signori miei, ce ne manca una di parole: passione’.
C’è un matto che sta dentro e allo
stesso tempo fuori dal mondo, e in questo modo, il mondo con lucidità riesce a
guardare, e sul mondo a costruire un progetto. E questa è un’idea che così
matta non è, a pensarci.
Né è folle il tango che il
filosofo balla con una pseudocancelliera bionda, che casca rapita tra le sue
braccia. Non è folle quando al Quirinale, gioca a nascondino nella sala dei
mappamondi, con il presidente della Repubblica, tirando in ballo
Shakespeare, l’essere e il non essere e il divenire... Non è folle quando, intervenendo
al party della combriccola dei matti che sono stati i suoi amici, davanti al timido portaborse (Valerio Mastrandrea, che è una specie di nuovo Nino Manfredi, penso), si
lancia in uno sfrenato rock and roll acrobatico.
Far sì che la vita vera entri
nella politica non è una pazza idea, no. Perché la politica senza la vita non è
più politica.
C’è un leader di partito che alla
fine, tutte queste cose, le capisce, e quando le capisce, ritorna sul trono che
aveva abbandonato. Politico e filosofo insieme, in pace con il suo doppio.
E chi dei due più aiuterà l’altro, se Pierluigi Bersani Massimo Cacciari o
viceversa, non lo sappiamo. Se dovessi dire, io penso Massimo Cacciari, ma
chissà.
Significativo è che quest’uomo
politico che se stesso ha ritrovato (interpretato da quel genio che è Toni
Servillo) sieda, nella scena finale, vestito di tutto punto, alla scrivania,
di nuovo nel suo ruolo, sì, ma con le scarpe abbandonate a terra, lì di fianco.
Come a dire che da scalzi bisogna ripartire.
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