Or so come da sé ‘l cor si
disgiunge,
e come sa far pace, guerra, e
tregua,
e coprir suo dolor quand’altri il
punge;
e so come in un punto si dilegua
e poi si sparge per le guance il
sangue,
se paura e vergogna avèn che ‘l
segua;
so come sta tra’ fiori ascoso
l’angue,
come sempre tra due si vegghia e
dorme,
come senza languir si more e
langue;
so de la mia nemica cercar
l’orma,
e temer di trovarla, e so in qual
guisa
l’amante ne l’amato si
transforme;
so tra lunghi sospiri e brevi
risa
stato, voglia, color cangiare
spesso,
viver stando dal cor l’alma
divisa;
so mille volte il dì ingannar me
stesso;
so, seguendo ‘l mio foco ovunque
e’ fugge,
arder da lunge et agghiacciar da
presso;
so come Amor sovra la mente
rugge,
e come ogni ragione indi
discaccia,
e so in quante maniere il cor si
strugge;
so di che poco canape s’allaccia
un’anima gentil, quand’ella è
sola,
e non v’è chi per lei difesa
faccia;
so come Amor saetta, e come vola,
e so com’or minaccia et or
percote,
come ruba per forza e come
invola,
e come sono instabili sue rote,
le mani armate, e gli occhi avolti
in fasce,
suo promesse di fé come son vòte;
come nell’ossa il suo foco si
pasce,
e ne le vene vive occulta piaga,
onde morte e palese incendio
nasce.
[Francesco Petrarca, Triumphi,
Milano, Mursia, pp.156-161]
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