sabato 23 novembre 2013

Le mani armate, e gli occhi avolti in fasce


Or so come da sé ‘l cor si disgiunge,
e come sa far pace, guerra, e tregua,
e coprir suo dolor quand’altri il punge;
e so come in un punto si dilegua
e poi si sparge per le guance il sangue,
se paura e vergogna avèn che ‘l segua;
so come sta tra’ fiori ascoso l’angue,
come sempre tra due si vegghia e dorme,
come senza languir si more e langue;
so de la mia nemica cercar l’orma,
e temer di trovarla, e so in qual guisa
l’amante ne l’amato si transforme;
so tra lunghi sospiri e brevi risa
stato, voglia, color cangiare spesso,
viver stando dal cor l’alma divisa;
so mille volte il dì ingannar me stesso;
so, seguendo ‘l mio foco ovunque e’ fugge,
arder da lunge et agghiacciar da presso;
so come Amor sovra la mente rugge,
e come ogni ragione indi discaccia,
e so in quante maniere il cor si strugge;
so di che poco canape s’allaccia
un’anima gentil, quand’ella è sola,
e non v’è chi per lei difesa faccia;
so come Amor saetta, e come vola,
e so com’or minaccia et or percote,
come ruba per forza e come invola,
e come sono instabili sue rote,
le mani armate, e gli occhi avolti in fasce,
suo promesse di fé come son vòte;
come nell’ossa il suo foco si pasce,
e ne le vene vive occulta piaga,
onde morte e palese incendio nasce.
[Francesco Petrarca, Triumphi, Milano, Mursia, pp.156-161]

 

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