Canto, ancora canto: «Quello
che non ho... tatàtatàtaratatan… sono i tuoi denti d'oro… Quello che non
ho… è un pranzo di
lavoro… Quello che non ho…
tatàtatàtaratatan… è questa prateria… per correre più forte… della
malinc_ QUELLO CHE NON HO... TATATATATARATATAN», sciò! sciò! sciò! e nel mentre
sollevo le braccia, «SONO LE MANI IN PASTA… QUELLO CHE NON
HO», hep! hep! hep!, «E’ UN INDIRIZZO IN TASCA… QUELLO CHE NON HO», zac! zac!
zac!, «SEI TU DALLA MIA PARTE». E qui mi fermo. Perché? Così. Ho finito. Buona questa.
So, so.
So it goes un po’strano, dice
Kurt.
Strano?
Sì, strano, dice.
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